1.
Consideriamo, per fissare le idee, un polinomio di 3° grado, a3x3+a2x2+a1x+a0.
Se n/m (frazione ridotta ai minimi termini) è uno zero del polinomio
allora deve essere
a3(n/m)3+a2(n/m)2+a1(n/m)+a0=0,
ovvero, moltiplicando per m3:
a3n3+a2n2m+a1nm2+a0m3=0
Quindi deve essere
a3n3 = -a2n2m-a1nm2-a0m3
a0m3
= -a3n3-a2n2m-a1nm2
Dalla prima uguaglianza segue
a3n3 = m (-a2n2-a1nm-a0m2),
per cui m deve essere un divisore del prodotto a3n3
;
poiché m non è un divisore di n e quindi neppure di n3
(pensate ai numeri scomposti in fattori primi), deve essere allora un
divisore di a3.
Dalla seconda uguaglianza si capisce, invece, che n deve essere un
divisore di a0.
Il ragionamento può essere ripetuto in modo analogo qualunque sia il grado del polinomio considerato (in generale, con un grado g).
Dunque, se n/m è radice del polinomio allora n divide il termine noto e m divide il coefficiente della massima potenza.
La proposizione inversa, ovviamente, non è vera.
Dividendo il polinomio P(x) per il binomio D(x) = a x + b si ottiene la seguente identità:
P(x) = Q(x) (a x + b) + R
dove Q(x) è il quoziente della
divisione e R il resto.
Sostituendo a x il valore -b/a ,che annulla il divisore, si ottiene
P(-b/a) = R, vale a dire, proprio il resto della divisione.
Se , in particolare, P(-b/a) = 0, il resto della divisione è zero e D(x) divide
P(x); in altri termini, P(x) = Q(x) D(x) risulta scomposto in fattori.